Con questo guest post vi presentiamo il primo racconto della rubrica Cos’è i parco giochi per te?
Sappiamo che per i bambini con disabilità non è facile frequentare il parco giochi perchè, tranne per poche realtà inclusive, i classici giochi presenti nella maggior parte di essi non sono accessibili. Spesso il parco stesso presenta delle barriere architettoniche come gradini, erba alta o ghiaia.
Speriamo che tante persone leggano i racconti e si rendano conto che serve una maggiore attenzione nel momento in cui si decide di realizzare un parco gioco o sostituire un gioco rotto. Scegliere giochi accessibili anche a bambini con disabilità non toglie nulla a un bambino normodotato ma regala tanto a un bambino che ha una disabilità motorie, sensoriali o psichiche. Regaliamo sorrisi a tutti i bambini perchè giocare e divertirsi è un loro diritto.
Questo è il racconto inviatoci da una mamma:

“Non amo il parco giochi, quel classico pezzo di terra più o meno ampio in cui sono collocate panchine e giochi. Non mancano mai l’altalena, quella con il cestino per i piccoli e quella con la tavoletta per i grandi, lo scivolo, da cui si accede tramite una scala o più recentemente con piani inclinati, corde e altri appigli, e l’altalena basculante quella su cui una coppia di bambini posti sugli estremi di un asse si alternano su e giù. Si può dire che detesto il parco giochi da quando Nicolò è nato. Da quando aveva circa 6 mesi di vita l’abbiamo sempre portato, in alcuni periodi anche più volte in una settimana perché papà ha dei pomeriggi liberi. Ma più cresceva, più io facevo fatica e in me cresceva la rabbia. Una rabbia che nasce da tante cose: dal senso di frustrazione che spesso provo io al posto di mio figlio; dall’impotenza difronte all’indifferenza, ignoranza e discriminazione di coloro che i parchi li “pensano” e li costruiscono e di coloro che i parchi li vivono da normodotati; e dalla fatica fisica e psicologica di viverlo con mio figlio. Per far salire Nicolò su un’altalena devo alzarlo di peso e metterlo seduto nel cestino dei piccoli. Ma Nicolò pesa ormai 18 chili (tutto sommato pochi per i suoi 5 anni e mezzo) e i piedi spesso toccano a terra. Quando era più piccolo ogni spinta dovevo rimetterlo in posizione perché tendeva (ancor oggi) a scivolare da un lato o in avanti. Per salire su uno scivolo devo sperare che ci sia quello adatto ai più piccoli, con scalette basse, così da poterlo sostenere e guidare stando con i piedi per terra. Se lo scivolo è posto a discesa di uno di quei castelli insormontabili, ad altezze esagerate, su cui si accede tramite svariati appigli adatti ai più abili e disinvolti bambini…beh, devo trascinarmelo su, accompagnarlo allo scivolo, pregarlo di non muoversi (sperando che mi dia retta), precipitarmi a terra e assisterlo alla discesa. Sull’altalena basculante?…se si trova il bambino che gioca con lui, io assisto Nicolò per non cadere dalla sua posizione, altrimenti rinunciamo. Spesso ci sono spazi per giocare a palla, ma come?! A calcio non riesce a dare un colpo sufficientemente forte e non riesce ad intercettarla, e non corre. Escluso, quindi, che giochi con altri bambini. Con le mani non riesce a prenderla e a lanciarla: usa solo la mano e il braccio sinistro, praticamente impossibile. Nicolò cammina malamente e fatica a camminare sulla ghiaia e sullo sterrato. Da quando è nato il piccolo, suo fratello, da sola al parco non sono più andata.
Nella nostra città, Brescia, non esistono i cosidetti “parchi inclusivi”, parchi in cui i giochi siano accessibili a tutti i bambini. In un paio di parchi esistono uno o due giochi a cui anche Nicolò può accedere autonomamente, ma solo perché sono studiati per bambini più piccoli. Non ho mai visto un parco inclusivo.
Perché Nicolò vuole, o voleva, andare al parco giochi allora? Perché vede gli altri bambini giocare, li vede correre e calciare palle, li vede andare in bicicletta o con il monopattino e lui si diverte, ma si agita un po’ troppo, quasi non riesca a sfogare quell’emozione che gli altri bambini sfogano nel GIOCARE. Se incontra bambini che lo conoscono, spesso sono contenti di vederlo, ma tutto finisce lì, perché non sono certo in grado di “farlo giocare” o di trovare un gioco che sia adatto ad entrambi. I bambini che non lo conoscono, nella maggior parte dei casi, lo evitano e, per quanto difficile da accettare, ne capisco le ragioni. Lo vedono diverso nel comportamento e nell’approccio al gioco e preferiscono allontanarsi e giocare con altri che lo fanno esattamente come loro. Un giorno si è radunato un gruppetto di bambini sulla piastra di cemento su cui di solito giocano a palla o girano con i pattini. Nicolò li ha raggiunti. Volevano giocare a calcio e subito io ero pronta a tirarlo fuori, per evitare si facesse male e in un certo senso per evitare una situazione per me spiacevole. Mio marito ha detto loro che a calcio non era capace. Un bambino, di circa 8 anni, con parole che solo un adulto preparato avrebbe saputo usare, ha risposto che non importava perché neppure lui era bravo. Ho provato un’emozione forte verso quel bambino e la speranza che Nicolò possa incontrare sul suo cammino tanti altri come lui.
Nicolò è uno splendido bambino che alla nascita, o forse prima, ha avuto un’ischemia cerebrale. Non gli è arrivato ossigeno al cervello e tutto il suo emisfero sinistro si è “bruciato”. Non ha, o solo parzialmente, il controllo di tutta la parte destra del suo corpo. Cammina male, inciampa spesso, a volte non vede gli stipiti dx delle porte e ci sbatte contro. Non riesce a salire e scendere le scale senza un sostegno adeguato e se si trova a terra non riesce ad alzarsi in piedi senza appiglio. Non riesce a correre, a saltare, non usa il braccio e la mano destri ed ha un ritardo cognitivo. Ha l’epilessia, a causa della sua lesione. E’ stato sottoposto ad un intervento di 12 ore al cervello per isolare tutto l’emisfero sinistro e sperare che guarisca completamente dalle crisi e possa smettere di prendere 3 farmaci al giorno.
Nonostante tutti questi ostacoli che la vita gli ha riservato, Nicolò è un bambino sempre sorridente, aperto con tutti, che gioca (a suo modo), parla continuamente (a suo modo), che fa e soprattutto… disfa (!!). Ha tanti amici, va  molto volentieri all’asilo e al parco giochi. Nonostante tutto, ci VUOLE andare…

mamma Federica”

Se volete partecipare anche voi alla rubrica potete inviare il vostro racconto o le vostre riflessioni sul parco giochi tramite mail a questo indirizzo: parchipertutti@gmail.com

Claudia Protti & Raffaella Bedetti – © Parchi per Tutti

 

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