Avezzano, 08/10/16.
Nella sala consiliare del Comune di Avezzano è stato presentato, nel corso di una conferenza stampa, il progetto legato alla realizzazione a nord della città, (Parco adiacente la chiesa della Madonna del Passo), di un Parco giochi per bambini disabili, promosso dall’associazione Niki Aprile Gatti Onlus e dall’imprenditore Giovanni Sestini, con il patrocinio e concessione dei luoghi del Comune di Avezzano.

“Si tratta di una iniziativa legata alla Città Solidale – ha dichiarato il sindaco Giovanni Di Pangrazio – Ringrazio i due cittadini che hanno promosso questo importante e significativo intervento a favore dei bambini meno fortunati e daremo ai promotori ogni forma di collaborazione affinché la realizzazione del progetto si concretizzi in tempi brevi”.
Notizia integrale qui: http://www.comune.avezzano.aq.it/archivio10_notizie-e-comunicati_0_1314.html

Noi, come sempre, vogliamo dire la nostra 🙂
Lavorare per una città solidale significa anche utilizzare i termini corretti, creare cultura. L’immagine del progetto mostra un parco inclusivo e non un parco per bambini disabili, (anche se noi avremmo scelto giochi diversi: più accessibili e fruibili da parte di tutti). E allora perché definirlo “progetto del parco giochi per bambini disabili”?
Vogliamo mettere anche un recinto e realizzare due aree distinte? A destra area bambini normodotati e a sinistra area bambini disabili…
Può sembrarvi una sciocchezza ma non lo è, così come non lo è definire i bambini con disabilità “bambini meno fortunati”. Meno fortunati per quale motivo? Perché non possono camminare o correre? Perché non distinguono bene gli oggetti e le persone a causa di un problema alla vista? O ancora perché, magari, hanno la Sindrome di Down? Noi saremo troppo pignole, forse, ma siamo convinte che una società più inclusiva possa nascere anche dal corretto utilizzo dei termini. I bambini sono tutti uguali e non è corretto dividerli in “fortunati” e “sfortunati”.
Utilizzare termini che sottolineano la condizione di “diverso”, “speciale” o “sfortunato” non ci porterà mai all’inclusione. Le parole esprimono il modo in cui vediamo le persone. Se crediamo fermamente che siamo tutti uguali, (e questo non significa che non esistano persone che abbiano una disabilità che renda necessario, ad esempio, l’utilizzo di una carrozzina per spostarsi), e crediamo nel diritto al gioco di tutti i bambini, non dovremmo definire, mai, “meno fortunati” alcuni bambini in base alle loro capacità e/o abilità motorie, sensoriali e intellettive. Definire “meno fortunato” un bambino lo pone immediatamente su un piano diverso dal nostro. Abbiano già deciso a priori che noi siamo quelli fortunati, quelli normali, e lui non lo è, non fa parte del nostro “gruppo”. E invece inclusione è proprio “includere nello stesso cerchio”.

Bambini meno fortunati o bambini con disabilità?
Parco giochi per bambini disabili o parco giochi inclusivo?

Chiaramente, per spiegare ai cittadini che verrà realizzato un parco dove tutti i bambini potranno giocare insieme si può parlare di “diritto al gioco dei bambini con disabilità”. La parola “disabilità” si può e si deve usare, quando è utile a definire un progetto, un diritto, un ausilio, … Ma va utilizzata nel giusto modo. 
Noi non sappiamo chi ha deciso di utilizzare questi termini per l’articolo, il Sindaco stesso? Un Assessore? Un giornalista? Ci auguriamo che chiunque sia stato possa comprendere che le parole hanno un peso e vanno quindi utilizzate con attenzione.

10/10/16. Buongiorno amici, il giorno 08/10/2016 abbiamo pubblicato la notizia di un progetto per la realizzazione di un parco inclusivo ad Avezzano promossa dell’associazione Niki Aprile Gatti Onlus e dall’imprenditore Giovanni Sestini, con il patrocinio e concessione dei luoghi del Comune di Avezzano. Sul sito del Comune di Avezzano era presente il rendering di un progetto e il titolo “PRESENTATO IN SALA CONSILIARE IL PROGETTO DEL PARCO GIOCHI PER BAMBINI DISABILI”. 
Abbiamo criticato l’utilizzo dei termini e suggerito anche di scegliere giochi più accessibili e fruibili da parte di tutti inviando una lettera al Comune e all’Associazione Niki Aprile Gatti. Oggi abbiamo ricevuto risposta e appreso che il rendering era semplicemente un esempio e non il progetto definitivo del parco che verrà realizzato così come i termini utilizzati non erano quelli che avrebbero utilizzato i promotori ma son stati scelti dai giornalisti.
Ci scusiamo e facciamo un grande “in bocca al lupo” a tutti coloro che stanno lavorando a questo progetto!

Se volete approfondire potete leggere alcuni interessanti articoli ai seguenti link:

Disabilità. L’indicazione è semplice e permette poi di capire meglio come si possa scegliere il linguaggio più giusto: utilizzare “persona con disabilità”, mettendo la persona al primo posto ed eventualmente, se servisse, facendo seguire la sua condizione. Basta con: invalido, diversamente abile, disabile, tanto meno handicappato o ritardato. Chi è nato con la sindrome di Down non è “un down”, ma “persona con sindrome di Down”. E via di questo passo.
Continua a leggere qui:
http://invisibili.corriere.it/2013/04/22/le-parole-per-dirlo-ora-ce-anche-una-guida-parlare-civile/
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Persona con disabilitàè oggi la definizione più corretta e condivisa a livello planetario per indicare quello che fino a ieri si definiva “portatore di handicap” o semplicemente “il disabile”. La qualità intrinseca di questa espressione sottolinea la “persona”, ossia la identità individuale imprescindibile e completa di ogni individuo. Mentre la specificazione “con disabilità” aggiunge la specificità, non nega la condizione di disabilità, ma la sottrae al corpo e alla mente della persona, collocandola nella dimensione della relazione funzionale”.

Continua a leggere qui:
http://www.superabile.it/web/it/REGIONI/Piemonte/Inchieste_e_dossier/info833154767.html

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Le parole mostrano la cultura, il grado di civiltà, il modo di pensare, il livello di attenzione verso i più deboli. Ci sono parole da usare e non usare. E quelle da non usare non vanno usate. Hai voglia a dire: chiamami come vuoi, l’importante è che mi rispetti. No! Se mi chiami in maniera sbagliata mi manchi di rispetto.
Semplicemente: persona con disabilità. L’attenzione sta lì, sulla persona. La sua condizione, se proprio serve esprimerla, viene dopo. Questa è una delle indicazioni fondamentali che giungono dalla “Convenzione Internazionale sui diritti delle persone con disabilità”.

Continua a leggere qui:
http://invisibili.corriere.it/2012/04/05/invalido-a-chi-disabilita-le-parole-corrette/

Claudia Protti & Raffaella Bedetti – © Parchi per Tutti

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