Parlare di disabilità: quali sono le parole corrette da usare
25 Set 2017

Parlare di disabilità: quali sono le parole corrette da usare

Un interessantissimo articolo di Iacopo Melio sui termini da utilizzare e quelli da non usare mai! “Le parole sono importanti e, come dico sempre, se vogliamo abbattere le barriere mentali, e quindi i pregiudizi e gli stereotipi, dobbiamo iniziare da un linguaggio corretto che trasmetta la giusta concezione della disabilità.”
“Disabile”, “Handicappato”, “Invalido”, “Inabile”, “Diversamente abile”… Capita spesso che le persone si sentano in difficoltà e mi chiedano quali parole si possano usare riguardo la disabilità e quali invece no, per evitare di offendere, infastidire o più semplicemente fare brutte figure. C’è chi si rintana nel politically correct per sentirsi al sicuro, e chi invece scade in quel pietismo e buonismo che di positivo non hanno niente: in entrambi i casi la disabilità viene trasmessa in modo negativo, alimentando stereotipi e pregiudizi ma anche sminuendo la dignità e il valore della persona stessa, anziché abbattere barriere sociali e culturali. Le buone intenzioni che stanno dietro a certe frasi hanno il loro valore, ma è altrettanto vero che (come la sociologia ci insegna) se cambiamo il modo di chiamare qualcosa, quel qualcosa cambia e quindi cambierà anche il modo attraverso il quale le persone si rapportano ad esso. Insomma, le parole sono importanti: usiamole nel modo giusto e contribuiremo a creare una società più inclusiva!

Regola numero 1: malattia, sofferenza e costrizione.
Iniziamo con un concetto fondamentale: la disabilità non è una malattia, bensì una “condizione” momentanea nella quale non riusciamo a fare qualcosa, superabile se mettessimo a disposizione gli strumenti giusti (una carrozzina, un computer, un ascensore, un servizio di assistenza…). Per questo motivo sono assolutamente bandite tutte quelle parole (o figure) che rimandano a un concetto di disabilità come sofferenza e dolore, impedimento o costrizione, incapacità.

È sbagliato dire:
– portatore di una disabilità;
È corretto dire:
– persona con una ridotta funzionalità degli arti inferiori;

È sbagliato dire:
– Costretto/Imprigionato/Confinato sulla sedia a rotelle (la carrozzina è un aiuto, uno strumento paragonabile ad un paio di scarpe in grado di rendere liberi, e non certo un peso che costringe, opprime e crea sofferenza);
È corretto dire:
– Su sedia a rotelle/che utilizza la carrozzina per spostarsi.

Regola numero 2: la persona prima di tutto
L’errore nel quale inciampano molti è quello di evidenziare la disabilità anziché anteporre la persona: un soggetto, anche se disabile, non è certo la sua carrozzina. Rappresentare una persona con quattro ruote anziché con un nome, un carattere, dei sentimenti, pregi e difetti, significa sminuirla e mancarle di rispetto. 

È sbagliato dire:
– Un disabile/Un handicappato/Un sordo/Un cieco, per non parlare poi dei termini fantasiosi che ho sentito, inventati da chi cercava di compensare la propria ignoranza, come diversabile;
È corretto:
– Una persona con disabilità/Una persona cieca o sorda (la persona viene prima di tutto, mentre la disabilità è una caratteristica della persona, non una malattia).

È sbagliato dire:
– Ritardato/handicappato mentale oppure Down (non si identifica una persona con la sua disabilità o la sua sindrome) e mongoloide (accezione vecchia e oggi dispregiativa, si tratta di un paragone che un tempo veniva fatto per pura arretratezza culturale);
È corretto dire:
– Persona con disabilità intellettiva oppure persona con sindrome di Down (la disabilità o la sindrome caratterizzano le persone ma di certo non le annullano sostituendosi ad esse).

Regola numero 3: politicamente corretto e disabilità sensoriali
Utilizzare il termine “diversamente” non addolcisce un bel niente, anzi, crea ulteriore discriminazione. Per citare l’immenso Franco Bomprezzi, firma del Corriere della Sera e portavoce di tantissimi, “non sei diversamente abile, o sei abile o non lo sei”. Ecco perché, in questo caso, dire “diversamente abile” o “con diverse abilità” lascia intendere che qualcuno sia comunque “diverso” dagli altri e quindi, in un certo senso, inferiore.

Anche il prefisso “non” dietro qualcosa è scorretto. La stessa comunità dei sordi, ad esempio, si dichiara appunto “sorda” anziché “non-udente”, così come i ciechi si auto definiscono “ciechi” anziché “non-vedenti”. Può sembrare brutale, forse, per voi, ma vi garantisco che se mi chiamassero “non-deambulante” mi sentirei preso in giro e non poco. 

È sbagliato dire:
– diversamente abile/con diverse abilità;
– non vedente/non udente/non deambulante;
È corretto dire:
– persona con disabilità;
– cieco/sordo/persona con disabilità visiva/persona con disabilità uditiva/persona con cecità/persona con sordità.

Insomma, in entrambi i casi, sia in quello del “diversamente abile” che in quello del “non-qualcosa”, si sottende un’accortezza ed una premura dal sapore pietistico e compassionevole, un occhio di riguardo del quale non abbiamo bisogno se vogliamo trattare in modo spontaneo un disabile, al pari degli altri.

È sbagliato dire:
– Persone speciali/eroi (il massimo del pietismo e della compassione, il modo migliore per discriminare chi vorrebbe essere trattato in modo semplice, spontaneo e naturale);
È corretto dire:
– Niente… Assolutamente niente! Anziché enfatizzare la “condizione” di una persona con disabilità, vedendo come eroico il gesto più semplice che questa possa compiere, trattatela esattamente come tutti gli altri. 

Regola numero 5: la disabilità come insulto
Inutile dire che se la disabilità non deve avere in alcun modo una connotazione negativa, usare i termini che fanno riferimento alla disabilità come insulto è quanto di più stupido ci possa essere. Direste mai a qualcuno che vi sta antipatico “sei proprio un Mario Rossi!!”? Non penso, anche perché il buon Mario non ne sarebbe felice. Quindi perché dare di “disabile” a qualcuno, usando un’intera categoria che, invece, è probabilmente abile da capire un concetto così semplice? 

Articolo integrale: http://www.fanpage.it/parlare-di-disabilita-quali-sono-le-parole-corrette-da-usare/

Claudia Protti & Raffaella Bedetti – © Parchi per Tutti

 

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